L’arte non viene da Marte

Spesso puoi imbatterti in idee stravaganti, concetti innovativi e forme audaci. Citando la nostra intervista ricordiamoci sempre che l’arte non viene da Marte, anche se a volte può sembrarci provenire da un universo parallelo che ci offre spunti e idee di creatività senza confini.

Oggi intervistiamo Sebastiano Zanetti, artista veronese. Vi invitiamo a leggere l’intervista immaginando di essere qui nel nostro ufficio sul Garda.

Ciao Sebastiano, è un piacere averti qui con noi, ci puoi raccontare chi sei e qual è il tuo lavoro?

Certo. Sono Sebastiano Zanetti vivo e lavoro a Verona, sono un artista, anche se è difficile per me autodefinirmi, non riesco ancora a darmi una collocazione, posso però attraverso il mio lavoro e la mia ricerca fornire alcune informazioni che aiutino a chiarire alcuni perimetri. La mia formazione parte dal Liceo Artistico proseguendo per tre Accademie di Belle Arti: Verona, Milano e Venezia. La progettazione artistica e architettonica ha sempre fatto parte della mia vita sin da piccolo: penso che l’evento scatenante sia stato vedere mio padre disegnare ogni sera fino a tarda notte, consegnando a me e alle mie sorelle creazioni che per noi bambini erano pura magia. Parallelamente gli studi ho iniziato a produrre le mie opere e nel 2000 è iniziata la mia carriera espositiva in varie fondazioni, musei, gallerie pubbliche e private in Italia e all’estero fino ad oggi.

Cos’è per te l’Arte?

L’Arte è il mezzo che ho scelto per esprimermi e per cercare risposte, è sicuramente un mezzo di trascendenza tra sé, il mondo e la quotidianità. E’ la risposta più vera al “foglio bianco” è l’entusiasmo della ricerca e del consolidamento delle conoscenze. E’ l’ambito dove ho conosciuto le persone più progettuali e coinvolte e non sto parlando solo degli artisti, ma di un gruppo molto più allargato di persone che hanno scelto proprio nell’Arte il tavolo di discussione e dibattito. 

Hai sempre dipinto allo stesso modo?

No, in verità sono tornato alla pittura come mezzo preferenziale solo in questi ultimi anni. Penso che l’Arte abbia la possibilità di essere espressa con l’ausilio di molteplici mezzi, le esigenze espressive portano ad individuare le varie possibilità, la stessa tecnica non è detto funzioni sempre. Io non ho mai cercato una riconoscibilità data da una serialità produttiva ma da un’etica del lavoro: per questo ho indagato in profondità ogni tecnica per poi usarla al momento giusto. Nei primi anni duemila ho unicamente dipinto trovando solo successivamente nella fotografia nuove risposte, sono passato poi alla video arte e l’installazione ambientale fino alla progettazione architettonica per luoghi pubblici e privati con metodologie site-specific. La Pittura ora è tornata prepotentemente con nuove consapevolezze di gesti, segni, particolarità che solo su tela potevano essere espresse nella loro essenza, sono nate così collezioni come la serie “Bubbles and Clouds”, “Hottest “ecc..

Arte e Architettura quindi hanno segnato il campo d’azione

Sì, l’Architettura, dal cucchiaio in poi, penso abbia una responsabilità sociale immensa, mi piace il carico di responsabilità delle dinamiche nelle relazioni come la ricerca del perfetto equilibrio tra forma e funzione. Queste logiche legate a quelle dell’arte visiva penso possano creare alchimie di bellezza e prosperità progettuale entusiasmanti. Credo nella meta-progettazione ma credo anche che un’opera per esistere debba incontrare un mondo che deciderà per essa, da qui parte la tensione iniziale.

Ci racconti qualcosa del tuo passato nel writing?

Certo! Ha segnato il mio passato ma è ancora presente: consolidato nel mio background e da un “attitude” che conservo. Già alla fine delle scuole medie esprimermi nella piccola misura non mi soddisfaceva, il mondo dello skateboard mi ha avvicinato all’energia e la vitalità dei Graffiti e così bomboletta alla mano sono diventato uno dei primi writer scaligeri. L’”Hip Hop culture” con Break dance, Rap e la velocità dello skateboard hanno dettato un ritmo fatto di condivisione e colore. Tutt’ora dipingo graffiti e mi entusiasmo vedendo le opere dei giovani writers. Nel 2014 sono stato autore con Michele De Mori del libro “Verona Writes” per fondazione Cariverona, volume dove catalogando e dibattendo cerchiamo di fare il punto sui Graffiti in città negli ultimi 30 anni.

Cosa consiglieresti ad una persona che vuole avvicinarsi al mondo dell’Arte?

Vivere una quotidianità da persona libera, senza pregiudizi, non avendo paura di emozionarsi ed emozionare, di non accontentarsi acriticamente di ciò che già c’è ma sforzandosi di contribuire, proponendo ma anche accogliendo e ricercando attraverso il lavoro degli altri. L’arte può essere un travaglio senza fine e nello stesso momento il punto più alto di felicità. Se come diceva Trilussa: “la felicità è una piccola cosa” sta ad ognuno imparare a riconoscerla o farla accadere.

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